Termoli addio al motore Fire e futuro tra cambi elettrici

Facciata stabilimento Stellantis

Termoli volta pagina con la chiusura dei motori Fire

Lo stabilimento Stellantis di Termoli ha vissuto nel giugno 2025 un momento che resterà nella storia industriale italiana: la chiusura definitiva della produzione dei motori Fire. Dopo oltre quarant’anni di attività, cala il sipario su una linea che ha accompagnato generazioni di automobilisti e lavoratori, trasformandosi in un simbolo di affidabilità.

Dal 1985 i Fire hanno equipaggiato milioni di vetture compatte e medie, contribuendo al successo di modelli popolari e diventando sinonimo di semplicità costruttiva. In totale, oltre 23 milioni di unità sono state prodotte a Termoli, confermando il ruolo centrale dello stabilimento nella filiera italiana.

Il primo motore Fire vide la luce a metà degli anni Ottanta, quando Fiat decise di rinnovare profondamente la propria gamma di propulsori. L’inaugurazione del reparto fu accolta con entusiasmo e speranza, poiché rappresentava una rinascita industriale in un periodo di grande trasformazione per il Paese.

Negli anni la famiglia Fire è stata costantemente aggiornata, passando dalle prime versioni a carburatore fino all’iniezione elettronica, con varianti anche a metano e GPL. Questa capacità di evolversi ha permesso al progetto di restare competitivo per decenni, guadagnandosi la fiducia degli automobilisti.

Con la chiusura del reparto, Termoli non perde soltanto una produzione, ma anche un pezzo della propria identità industriale. Per i dipendenti e per l’indotto locale inizia una fase incerta, fatta di attese e speranze verso i nuovi progetti di riconversione.

L’impatto sui lavoratori e il contratto di solidarietà

Per gestire la transizione, Stellantis e sindacati hanno concordato un contratto di solidarietà valido da settembre 2025 ad agosto 2026. La misura coinvolge quasi 2.000 dipendenti, che vedranno ridotte le ore di lavoro ma manterranno un sostegno economico, nell’attesa che nuovi progetti diventino operativi.

Il provvedimento non riguarda solo i lavoratori diretti: anche l’indotto, tra Molise e Abruzzo, rischia pesanti conseguenze con circa 1.200 posti collegati alla produzione dei Fire. Molte aziende fornitrici temono di perdere commesse fondamentali per la propria sopravvivenza.

Le organizzazioni sindacali sottolineano la necessità di un piano chiaro e di investimenti concreti, poiché la solidarietà può tamponare solo temporaneamente una crisi che rischia di diventare strutturale per l’intero territorio.

Dalla tradizione alla transizione: i cambi eDCT

Il nuovo piano industriale assegna a Termoli un ruolo strategico nella produzione dei cambi eDCT, trasmissioni a doppia frizione elettrificate destinate ai modelli ibridi ed elettrici. L’avvio è previsto per il 2026 e dovrebbe coinvolgere inizialmente circa 300 addetti, garantendo almeno in parte la continuità produttiva.

Questa riconversione rappresenta una prima risposta occupazionale, sebbene insufficiente rispetto ai numeri generati dalla linea Fire. Tuttavia, la presenza di una tecnologia avanzata permette allo stabilimento di inserirsi in un segmento in crescita e di preservare competenze fondamentali.

La tecnologia eDCT è stata progettata per ridurre i consumi e ottimizzare le prestazioni, integrandosi con i motori elettrici in modo più efficiente. La sua produzione a Termoli segnala la volontà di legare il sito molisano a una filiera innovativa e internazionale.

Gli osservatori vedono in questo percorso una possibilità di rilancio, ma anche una prova di affidabilità per Stellantis: solo con investimenti costanti e una visione a lungo termine si potrà garantire stabilità e sviluppo.

La gigafactory tra promesse e rinvii

Accanto al progetto dei cambi, resta irrisolta la questione della gigafactory. Annunciata con grande enfasi e presentata come polo europeo per le batterie, non ha mai visto una reale partenza, mentre in Francia stabilimenti simili sono già operativi.

Il progetto, da oltre 2 miliardi di euro, avrebbe potuto dare nuova linfa a Termoli, ma i continui rinvii hanno alimentato frustrazione e sfiducia. Molti lavoratori e rappresentanti locali attendono ancora conferme su tempi e modalità di realizzazione.

L’assenza di sviluppi concreti pesa come un macigno: senza nuove produzioni, l’impianto rischia di restare sospeso, con conseguenze sociali ed economiche che si allungano ben oltre i confini del Molise.

Le sfide del mercato e la concorrenza globale

La trasformazione dell’automotive non coinvolge solo Termoli ma tutto il settore europeo, che si confronta con normative ambientali sempre più stringenti. Il Green Deal impone obiettivi ambiziosi e costosi, che richiedono un adeguamento rapido delle produzioni.

Per anni Stellantis ha acquistato certificati verdi da altri costruttori per rispettare i limiti sulle emissioni, incidendo sulla competitività dei propri modelli. Queste scelte hanno ridotto i margini e aumentato la pressione sugli stabilimenti.

Intanto la concorrenza asiatica, in particolare quella cinese, ha consolidato un forte vantaggio nella tecnologia delle batterie e dei veicoli elettrici. Questo scenario accentua le difficoltà dell’industria europea, costretta a colmare un divario che appare ancora molto ampio.

Memoria, futuro e il ruolo di Termoli nell’automotive

La chiusura della linea Fire non è solo la fine di una produzione, ma anche la conclusione di un’epoca che ha accompagnato la crescita dell’Italia automobilistica. Si tratta di un passaggio doloroso per i lavoratori e per l’intero territorio, che perde un simbolo di ingegno e tradizione.

Il futuro dello stabilimento dipenderà dalla capacità di attrarre investimenti credibili e di inserirsi con decisione nella catena produttiva elettrificata. Solo così Termoli potrà restare un attore rilevante nel panorama europeo.

Se la transizione sarà accompagnata da scelte concrete e non da sole dichiarazioni, il sito molisano potrà diventare un esempio di riconversione riuscita, conservando la propria eredità e proiettandosi verso una nuova stagione industriale.

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