Dazi sull’oro annullati: mercati più stabili

Lingotti d’oro e dollaro

I mercati respirano dopo lo stop ai dazi sull’oro

Dopo giorni di tensioni e movimenti altalenanti, l’oro ha ritrovato stabilità sui mercati internazionali. La Casa Bianca ha confermato che non saranno introdotti dazi sui lingotti provenienti dalla Svizzera, eliminando un’ipotesi che aveva generato forte incertezza tra gli operatori. La dichiarazione ha interrotto la fase di volatilità che aveva spinto le quotazioni sotto i 3.350 dollari l’oncia dopo il recente massimo storico, restituendo fiducia agli investitori.

L’annuncio ufficiale è stato diffuso l’11 agosto tramite i canali istituzionali, rassicurando gli operatori: l’oro non sarà soggetto a dazi. La precisazione ha subito allentato la pressione sui mercati: i future sull’oro hanno invertito la rotta, mentre gli operatori hanno ripreso le spedizioni verso gli Stati Uniti. Il settore ha accolto la notizia come un passo decisivo per garantire continuità e trasparenza nelle transazioni.

Reazioni immediate sul comparto dei metalli preziosi

L’ipotesi di un dazio sulle importazioni americane di lingotti da 1 chilo e 100 once aveva già provocato una brusca frenata delle spedizioni dalla Svizzera, snodo centrale della raffinazione mondiale. Molti operatori temevano che un aumento dei costi potesse spostare i flussi verso Londra, ridimensionando il ruolo di New York come piazza di riferimento per i contratti Comex.

Dopo la smentita ufficiale, la catena di approvvigionamento è tornata regolare. Tuttavia, la volatilità dei giorni precedenti ha mostrato la fragilità del settore di fronte a decisioni improvvise. Analisti sottolineano che l’episodio si inserisce in una tendenza più ampia di politiche commerciali incerte, che negli ultimi mesi hanno già interessato anche altri metalli come il rame.

Il ruolo cruciale della Svizzera e i timori globali

La Svizzera ricopre una posizione strategica nel commercio aurifero, raffinando una quota enorme dell’oro mondiale destinato ai mercati finanziari. Nei primi sei mesi del 2025 quasi 500 tonnellate di lingotti, per un valore di circa 32 miliardi di franchi, sono state esportate negli Stati Uniti. L’introduzione di tariffe avrebbe potuto alterare drasticamente i costi e ridurre la competitività del mercato americano.

Il presidente dell’Associazione svizzera dell’industria dei metalli preziosi, Christoph Wild, ha commentato che un dazio non avrebbe portato vantaggi agli Stati Uniti. In assenza di barriere doganali, il settore può continuare a beneficiare di un flusso regolare verso i depositi statunitensi, elemento essenziale per la liquidità e la stabilità delle operazioni finanziarie.

L’attenzione torna sull’inflazione e sulla Fed

Con l’archiviazione del rischio dazi, gli operatori guardano ora ai dati macroeconomici statunitensi. Le previsioni per luglio indicano un aumento dell’indice dei prezzi al consumo del 2,8% su base annua e dello 0,2% rispetto a giugno. Questi numeri saranno determinanti per le prossime decisioni della Federal Reserve, chiamata a valutare eventuali interventi sui tassi d’interesse.

Una politica monetaria più accomodante potrebbe sostenere ulteriormente l’oro, tradizionale bene rifugio nei periodi di incertezza economica. In parallelo, la Casa Bianca ha annunciato che sarà emesso un ordine esecutivo per chiarire l’episodio dei dazi, nel tentativo di evitare future turbolenze sui mercati.

Prezzi in rialzo a inizio seduta

All’apertura dei mercati, l’oro spot è stato scambiato a 3.352,32 dollari l’oncia, con un rialzo dello 0,30% rispetto alla chiusura precedente. Il movimento ha parzialmente compensato la perdita dell’1,7% registrata il giorno prima, quando le voci sui dazi avevano alimentato nervosismo e vendite.

Gli investitori rimangono comunque prudenti: l’evoluzione dei prezzi dipenderà dai dati sull’inflazione e dalle decisioni della Fed nelle prossime settimane. Per il momento, il settore può contare su una tregua che ha allontanato il rischio di fratture nella catena globale dell’oro, anche se il contesto rimane fortemente influenzato dalle dinamiche economiche statunitensi.

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