Ripresa dell’economia dell’Eurozona
L’economia dell’area euro mostra segnali di rafforzamento dopo un periodo caratterizzato da incertezze e crescita moderata. Secondo Schroders, le condizioni finanziarie più favorevoli stanno sostenendo consumi e investimenti, elementi che rappresentano un pilastro fondamentale della ripresa. Le famiglie beneficiano di tassi di interesse più bassi e di un aumento del potere d’acquisto grazie a una stabilità dei prezzi che si consolida mese dopo mese.
L’accordo commerciale con gli Stati Uniti ha contribuito in maniera decisiva a eliminare parte delle preoccupazioni che pesavano sulle aziende europee. Molte imprese esitavano a pianificare nuovi progetti, temendo un aumento improvviso dei costi di esportazione. Ora, invece, il clima appare più sereno, consentendo una maggiore pianificazione a medio termine e un rafforzamento della fiducia nei mercati esteri.
Schroders ha rivisto al rialzo le stime di crescita per il 2025, portandole dall’1 % all’1,3 %. Questo aggiustamento non è banale, perché riflette la combinazione di fattori positivi: esportazioni superiori alle attese, domanda interna più dinamica e maggiore stabilità nel settore creditizio. Gli analisti sottolineano che tali progressi non derivano soltanto da eventi occasionali, ma da un miglioramento strutturale delle dinamiche economiche.
Anche i governi nazionali hanno dato un contributo con politiche di sostegno più mirate. Incentivi per l’innovazione, progetti di modernizzazione delle infrastrutture e maggiore attenzione al mercato del lavoro hanno contribuito a creare un contesto più equilibrato. L’Eurozona, quindi, entra nel 2025 con basi più solide e prospettive di sviluppo che appaiono meno fragili rispetto al passato recente.
Dazi moderati e stabilità commerciale
L’intesa raggiunta tra Unione Europea e Stati Uniti ha fissato i dazi intorno al 15 %, un livello che rappresenta un compromesso accettabile per entrambe le parti. Pur essendo più alto del 10 % iniziale, resta nettamente inferiore al 30 % che aveva generato preoccupazioni nei mesi precedenti. Questo equilibrio permette alle aziende europee di mantenere la loro competitività senza subire colpi eccessivi ai margini di profitto.
L’accordo non ha soltanto valore economico, ma anche psicologico. Sapere che le regole del gioco sono più chiare riduce le tensioni e incoraggia gli investimenti. Inoltre, con Giappone e Corea del Sud che hanno accettato le stesse condizioni, l’Europa non subisce un indebolimento della propria posizione nei mercati statunitensi, e può continuare a sviluppare relazioni commerciali in un quadro più prevedibile.
Prospettive per il 2025 e oltre
Le prospettive di crescita appaiono favorevoli anche nel medio periodo. Con il miglioramento del clima di fiducia, è probabile che famiglie e imprese incrementino la domanda di credito, sostenendo ulteriormente consumi e investimenti. Questo ciclo virtuoso potrebbe rafforzarsi se i governi continueranno a spingere su politiche fiscali espansive e se la Banca centrale manterrà un atteggiamento prudente.
In Germania, cuore industriale dell’Eurozona, l’impegno a investire in infrastrutture e difesa costituisce un elemento chiave per lo slancio economico. Le risorse destinate a questi settori dovrebbero stimolare l’occupazione e creare effetti moltiplicatori su tutta la catena produttiva, favorendo anche i partner commerciali all’interno dell’Unione.
Gli analisti ritengono che gli effetti di tali politiche non siano ancora del tutto valutati dai mercati finanziari. Per questo motivo, le previsioni di crescita per il 2026 si collocano sopra le stime di consenso. Se confermate, rappresenterebbero un segnale chiaro di rafforzamento strutturale dell’economia europea, con un impatto positivo sulla stabilità dell’area euro nel lungo termine.
Andamento dell’inflazione nell’area euro
L’inflazione rimane uno degli indicatori più osservati, e le stime attuali indicano un calo dal 2,1 % nel 2025 all’1,7 % nel 2026. Il movimento discendente è sostenuto dal ribasso dei prezzi del petrolio e dall’apprezzamento dell’euro, due fattori che alleggeriscono i costi per le imprese e aumentano il potere d’acquisto dei consumatori.
Questo quadro riduce la probabilità di nuovi interventi sui tassi da parte della BCE. Nonostante l’inflazione scenda sotto il target del 2 %, il mercato del lavoro rimane sufficientemente solido da sostenere pressioni sui salari e, di conseguenza, da mantenere un livello minimo di inflazione interna. L’accordo commerciale contribuisce inoltre a stabilizzare le prospettive, limitando i rischi di nuove tensioni sui prezzi.
Segnali dal mercato e fiducia delle imprese
I dati più recenti, come l’indice PMI composito a quota 51,1, suggeriscono una fase di espansione moderata ma significativa. Questo valore testimonia una crescita dell’attività economica, sostenuta in particolare dal settore dei servizi, anche se permangono difficoltà legate alla domanda estera, che ha subito un rallentamento a causa delle nuove condizioni tariffarie.
Per molte imprese, tuttavia, l’importante è la riduzione dell’incertezza. Con regole più chiare, è più semplice programmare investimenti a lungo termine, gestire le catene di approvvigionamento e rafforzare i rapporti con i partner commerciali. Questo crea un circolo virtuoso che contribuisce a rafforzare l’intera economia europea.
Scenario di medio periodo e punti di attenzione
Guardando oltre il 2025, l’evoluzione della politica fiscale nei principali Paesi dell’area sarà un fattore decisivo. Investimenti pubblici mirati, incentivi all’innovazione e attenzione al settore energetico potranno favorire una crescita più equilibrata e meno dipendente dai cicli globali. L’Eurozona avrà l’occasione di costruire basi più solide per affrontare eventuali shock futuri.
Non mancano però i rischi. Le esportazioni restano vulnerabili a cambiamenti nelle politiche commerciali globali, mentre la domanda interna dovrà essere sostenuta da una politica dei redditi equilibrata. Inoltre, l’andamento del mercato del lavoro continuerà a giocare un ruolo chiave: un’eccessiva rigidità potrebbe limitare la competitività, ma una flessibilità ben gestita può diventare un motore di crescita sostenibile.