La nuova corsa alla supremazia tecnologica globale
La competizione fra Stati Uniti e Cina ha ormai assunto la forma di una vera e propria corsa alla supremazia tecnologica. Non si tratta più di semplici dazi o scambi commerciali, ma di una battaglia strategica per il controllo delle infrastrutture digitali, dei semiconduttori, dell’intelligenza artificiale e delle catene di approvvigionamento dei materiali critici. Chi domina queste aree determina non solo la propria forza economica, ma anche la propria influenza geopolitica.
Gli Stati Uniti hanno costruito un ecosistema tecnologico che unisce finanza, ricerca e capacità produttiva. Le grandi imprese digitali americane, sostenute da politiche industriali mirate, continuano ad attirare talenti e capitali da tutto il mondo. Parallelamente, Pechino ha risposto con investimenti colossali nei settori high-tech, spingendo verso l’autosufficienza e promuovendo modelli alternativi di sviluppo tecnologico.
Secondo Lorenzo Bini Smaghi, presidente del CdA di Société Générale, questo scontro “è tecnologico prima ancora che commerciale”. Gli Stati Uniti, osserva, utilizzano dazi e tasse come strumenti per finanziare incentivi alle proprie imprese tech, creando così un circolo virtuoso interno e uno svantaggio competitivo per gli altri attori globali.
In questo contesto, la tecnologia diventa il terreno su cui si ridefiniscono potere e sovranità. L’Europa si trova nel mezzo: deve scegliere se restare dipendente dai giganti stranieri o costruire una propria via verso l’indipendenza digitale e industriale. È una sfida che richiede coraggio, coordinamento e una visione a lungo termine.
Le pressioni commerciali e la posizione europea
Le tensioni fra Washington e Pechino non si limitano ai due giganti. Le ripercussioni arrivano fino all’Europa, che spesso si trova a essere il campo di gioco di questa contesa globale. I dazi, le restrizioni all’export e le politiche di sussidio americano influenzano le catene europee di fornitura e costringono Bruxelles a rivedere il proprio ruolo strategico.
L’Europa ha iniziato a comprendere che la neutralità non è più un’opzione. Per difendere la propria competitività deve investire in innovazione, ricerca e infrastrutture digitali autonome. Non basta reagire: serve una strategia che metta in rete competenze, capitali e volontà politica.
Dipendenza tecnologica e consapevolezza europea
Per anni, il Vecchio Continente ha accettato una posizione subordinata nel panorama tecnologico mondiale. Tuttavia, la pandemia e la crisi delle catene di fornitura hanno mostrato i rischi di una dipendenza eccessiva dagli Stati Uniti per il software e dalla Cina per l’hardware.
Oggi la consapevolezza sta crescendo. Progetti come Gaia-X e l’European Chips Act puntano a creare alternative concrete per l’industria europea. Le aziende, dal cloud alla cybersecurity, cercano di affermarsi come fornitori affidabili di soluzioni nate e gestite in Europa.
Ma per riuscirci, servono investimenti stabili, cooperazione tra Stati e un ambiente normativo che favorisca l’innovazione invece di soffocarla. Solo così l’Europa potrà parlare con voce propria nel nuovo ordine tecnologico mondiale.
I rischi di un controllo politico del credito
Bini Smaghi mette in guardia anche contro un errore ricorrente: credere che la sovranità economica si difenda controllando direttamente le banche. Un sistema creditizio troppo politicizzato rischia di perdere efficienza, frenare gli investimenti e limitare l’accesso delle imprese al capitale necessario per innovare.
Un eccesso di regole può spingere le banche a distribuire prodotti finanziari stranieri, con una conseguente perdita di valore interno. L’autonomia reale non si costruisce con il controllo, ma con la competitività e la capacità di creare valore dentro i propri confini.
Disavanzo americano e rischio inflazione
Negli Stati Uniti, il disavanzo pubblico oltre il 6% del Pil in un’economia in piena occupazione solleva interrogativi sulla sostenibilità fiscale. Ridurre i tassi in queste condizioni potrebbe riaccendere l’inflazione, già tornata a essere un tema sensibile per la Federal Reserve.
Bini Smaghi prevede un acceso dibattito interno alla Fed tra chi vuole tagliare i tassi e chi teme un nuovo rialzo dei prezzi. Se l’inflazione restasse stabile intorno al 3-3,5%, i mercati potrebbero subire un contraccolpo pesante, con ripercussioni globali.
Autonomia digitale e futuro dell’Europa
L’Europa si trova a un bivio storico. Per non restare schiacciata fra i colossi globali deve costruire una propria infrastruttura digitale, sostenere le startup e promuovere una cultura dell’innovazione che unisca ricerca, industria e finanza. L’obiettivo non è isolarsi, ma essere protagonista del futuro tecnologico mondiale.
Nei prossimi anni la sovranità tecnologica sarà sinonimo di libertà economica. Chi saprà combinare innovazione, sostenibilità e coesione sociale guiderà la nuova economia digitale. L’Europa può ancora farlo — ma il tempo per agire si sta rapidamente accorciando.
