Perché gli hedge fund restano prudenti
Gli hedge fund hanno ridotto l’esposizione alle azioni statunitensi a partire da agosto, trasformandosi in venditori netti e mantenendo la stessa linea difensiva a settembre. Nonostante i listini americani si trovino vicino ai massimi storici, i gestori preferiscono preservare liquidità e minimizzare i rischi legati a un mese notoriamente volatile.
Il ricorso alla leva finanziaria è calato ulteriormente, segnalando che la strategia dominante è quella della riduzione del rischio. Secondo Goldman Sachs, il livello di leva è ora tra i più bassi degli ultimi anni, a conferma di un orientamento prudente.
Non solo gli hedge fund, ma anche gli investitori istituzionali hanno mostrato segnali simili: i dati di Lipper indicano che a livello globale si sono registrate più vendite che acquisti, fenomeno che riflette un raffreddamento del sentiment generale.
La combinazione di questi elementi suggerisce che i grandi operatori del mercato stanno adottando una strategia di attesa, pronti a muoversi solo quando la direzione della politica monetaria statunitense diventerà più chiara.
Settembre e i suoi rischi storici
Negli ultimi vent’anni, settembre è stato spesso il mese più difficile per i mercati Usa: circa la metà delle volte si sono registrati rendimenti negativi. La stagionalità gioca quindi un ruolo importante nel determinare l’umore degli investitori.
Un altro elemento rilevante è il divieto regolamentare per le società quotate di riacquistare le proprie azioni in questo mese. L’assenza di buyback priva il mercato di un sostegno tecnico fondamentale, aumentando la vulnerabilità a fasi di vendita.
Le vulnerabilità globali dei mercati
L’attenzione degli investitori è rivolta anche all’andamento dei mercati obbligazionari internazionali. Negli ultimi mesi i rendimenti dei titoli di stato in Giappone e nel Regno Unito hanno toccato livelli elevati, segnalando pressioni crescenti che potrebbero riflettersi sui mercati azionari.
L’esempio più chiaro resta quello dell’agosto 2024, quando un rialzo a sorpresa dei tassi deciso dalla Banca del Giappone provocò un’ondata di vendite globali, con i titoli di stato giapponesi trentennali vicini al 3% di rendimento.
Questi episodi dimostrano come i mercati siano oggi estremamente sensibili a decisioni di politica monetaria anche al di fuori degli Stati Uniti, aumentando la necessità di mantenere strategie flessibili e prudenti.
L’esposizione record degli investitori retail
Un altro aspetto critico riguarda gli investitori privati statunitensi, che detengono una quota record di azioni in rapporto al proprio reddito disponibile. Secondo UBS, entro il 2025 questa esposizione potrebbe raggiungere il 265%, un livello che storicamente ha preceduto i picchi di mercato.
La forte concentrazione di portafogli retail espone il sistema a rischi aggiuntivi: in caso di correzioni improvvise, le vendite da parte di milioni di piccoli investitori potrebbero amplificare le perdite e accelerare i ribassi.
L’interesse crescente verso la Cina
Mentre sul mercato statunitense prevale la prudenza, la Cina ha attratto flussi record ad agosto. Morgan Stanley segnala che gli hedge fund hanno realizzato il più grande acquisto mensile di azioni cinesi dall’inizio dell’anno.
Questa tendenza evidenzia una ricerca di diversificazione geografica: spostare capitali su mercati asiatici viene visto come un modo per bilanciare i rischi legati all’incertezza delle Borse Usa e alla volatilità dei mercati occidentali.
Un equilibrio ancora da trovare
L’insieme di fattori stagionali, vincoli regolatori e segnali di tensione sui mercati globali spinge i grandi operatori a mantenere un profilo cauto. Anche un eventuale taglio dei tassi della Federal Reserve potrebbe non bastare a invertire il sentiment, se i rischi sistemici restano elevati.